Torino, sabato 25 settembre.
Giornata di informazione e lotta in solidarietà con le donne afgane.
Questa mattina abbiamo contestato il Movimento per la Vita, i “talebani” delle nostre latitudini.
Di seguito il testo del volantino distribuito per l’occasione:
Con le donne afgane contro tutti gli integralismi!
Le donne di RAWA – Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afgane – hanno lanciato un appello per una giornata di azione globale il 25 settembre in sostegno alla lotta per “porre fine all’imperialismo, al militarismo, al fascismo e al fondamentalismo religioso”.
Abbiamo deciso di accogliere l’appello di questa rete di donne che, dal 1977, si è battuta contro gli invasori sovietici, contro gli integralisti dell’alleanza del nord, contro i talebani e contro l’occupazione militare della NATO, perché, al di là delle differenze tra un approccio democratico ed uno anarchico, in questi decenni hanno rappresentato la tenace resistenza contro chi ha provato a sottometterle, piegarle, o metterle sotto tutela con un approccio paternalista e neocoloniale.
La vita e la libertà delle donne rappresentano la cartina di tornasole di uno scontro di civiltà messo in scena da decenni, sia dai talebani che dai governi della NATO.
Nel 2020 il misogino fascista Trump ha fatto un accordo con i talebani poi sottoscritto dal suo successore Biden dove l’unica condizione richiesta per il ritiro delle truppe NATO era l’impegno a non colpire i paesi NATO. La resa era senza altre condizioni.
Lo status delle donne non è mai stato sul tavolo delle trattative, perché si trattava di un affare “interno”.
Nonostante ciò, la schiavitù e la violenza che sta investendo le donne afgane è, ancora una volta, strumento di propaganda sulla superiorità della civiltà occidentale. Un alibi per giustificare vent’anni di guerra e durissima occupazione militare.
Le donne di RAWA non hanno mai salutato le truppe NATO come liberatori, consapevoli che la vita e la libertà delle donne afgane erano un mero fiore all’occhiello, non un obiettivo reale.
Per le donne e le ragazze che, specie nelle città, erano riuscite ad ottenere qualche margine di autonomia non c’è spazio, se non nel rischio e nella lotta, come dimostrano le manifestazioni che hanno riempito le piazze afgane.
Le guerre di “civiltà” si combattono su due fronti. Ovvio che l’emirato afgano segnasse la propria vittoria assoggettando le donne, vero terreno di battaglia sul quale si chiude questa ultima fase della guerra.
I riflettori si stanno poco a poco spegnendo.
In Afganistan e nella diaspora femminista continueranno a lottare clandestinamente tante donne e ragazze, che in quasi cinquant’anni si sono passate il testimone, tessendo una tela a volte invisibile ma dall’ordito potente.
Oggi abbiamo deciso che il miglior modo per appoggiare le donne afgane era contestare attivamente gli integralisti di casa nostra, quel “movimento per la vita” che da decenni conduce una crociata contro le donne libere.
I percorsi della libertà femminile sono sotto il costante attacco di chi vorrebbe riproporre una visione naturalizzante dei generi, che individua nella maternità un destino da cui le donne non dovrebbero sottrarsi, tornando docili nella gabbia familiare. La negazione delle identità non conformi, l’asservimento delle donne è indispensabile alla riaffermazione della famiglia, nucleo politico ed etico del patriarcato alle nostre latitudini. La famiglia è la fortezza intorno alla quale i raggruppamenti identitari e sovranisti pretendono di ri-fondare un ordine politico e sociale gerarchico ed escludente.
I femminismi hanno attraversato, scuotendoli alle radici, i tempi fermi, ripetuti, ossessivi del femminile. Una vera rivoluzione, tanto potente che il blocco politico e culturale cattolico cerca con ogni mezzo di incepparla.
In Piemonte la giunta Cirio considera le donne soggetti deboli, incapaci di decidere, da mettere sotto tutela. Per questo nell’ultimo anno ha stabilito che negli ospedali e nei consultori entrino le associazioni antiabortiste.
Vogliono rendere sempre più difficile per le donne attuare l’interruzione volontaria di gravidanza. Ci considerano incubatrici smarrite, da controllare e convincere. Prive di reale volontà, possiamo essere riportate sulla retta via dagli stessi fasciocattolici che sostengono le guerre che uccidono tanti bambini e bambine, ma pretendono che le donne continuino a fare figli per la patria e la nazione.
Le donne sono uno dei tanti confini sui quali viene combattuta la guerra per la purezza etnica, la restaurazione del patriarcato, l’imposizione di un ordine gerarchico, fondato su un approccio essenzialista, che pretende di inchiodare le donne al ruolo di madri.
Se si guarda oltre lo specchio deformato della propaganda, la distanza tra l’Italia e l’Afganistan si accorcia. Gli integralismi religiosi giocano la loro partita nell’asservimento delle donne ad ogni latitudine del pianeta.
Ma… Le donne libere generano se stesse, si rimettono al mondo, vivono un tempo nuovo. A Kabul come a Torino.
Wild C.A.T. – Collettivo anarcofemminista torinese
Federazione Anarchica Torinese